La voce della maestra è diversa: affrontiamo i cambiamenti
A Barcellona le scuole per l’anno scolastico 2019-2020 sono ricominciate il 12 settembre. Mia figlia quest’anno frequenta l’ultimo della materna, chiamato P5, rivolto perciò ai bimbi di cinque anni. Il mio secondo figlio invece ha due anni e mezzo, perciò entrerà alla materna, chiamata P3, il prossimo anno a settembre. Ho ancora un anno in eclusiva con lui davanti a me! Durante il primo giorno di scuola di mia figlia abbiamo appurato con i nostri occhi le novità, che ci erano state annunciate a giugno. Prima di tutto la nuova maestra. Purtroppo quella di P3 e P4, cioè dei primi due anni di materna, non è stata riconfermata per il terzo anno. All’inizio tra noi mamme e papà c’è stato sconcerto. Come, la maestra se ne va? La direttrice non l’ha riconfermata? Perché? Facciamo qualcosa! Noi mamme, per solidarietà ci siamo riunite per capire come stesse di umore la maestra, cosa fosse successo, i motivi. A turno parlavamo con lei, le facevamo sentire il nostro lato umano. Di comune accordo, abbiamo stipulato una lettera da donare alla direttrice, per farle conoscere il nostro disappunto. C’è stato addirittura chi l’utimo giorno di scuola, durante i saluti, si è messo a piangere davanti alla maestra, a noi genitori e agli alunni. A noi piaceva quella maestra, ha guidato i nostri figli durante il delicato primo periodo dell’inserimento, ci metteva al corrente delle situazioni. Insomma, è entrata nella nostra storia, la prima maestra. Anche io come genitore mi ci trovavo bene a parlarle, anche se ogni volta che mia figlia giocava a fare la maestra, notavo che la imitava con strilla e grida. A volte mi sono chiesta se davvero questa persona fosse così nervosa con i bambini? Si sa che molte maestre hanno un stile educativo più duro, dove a volte fanno ricorso a sgridate, senza spiegare più di tanto ai bimbi cosa sia successo e perché gli urlino contro. Certo, alcune volte ci vuole la voce determinata, i bambini devono imparare che ci sono dei limiti, però credo che ci sia modo e modo per attuare un vocione nei confronti di bambini piccoli, e poi anche la frequenza e il tono sono importanti. Qualche volta sporadica può capitare di ricorrervi, siamo umani, ma non mi piace se è uno stile educativo perpetuato. Ricorrere alle urla per farsi ascoltare cosa insegna ai nostri figli? Noi adulti dobbiamo dare l’esempio, non possiamo urlare ai nostri figli di non gridare, cadremmo nella contraddizione. Con ciò non voglio dire che a me non mi sia mai capitato di perdere la pazienza, purtroppo sì, anche se poche volte, perché ritengo non essere un metodo adatto allo stile educativo che ho scelto per i miei figli, preferisco l’autocontrollo e la spiegazione dei fatti, insomma la logica. Ciò non vuol dire che non usi qualche volta con i miei figli per farmi ascoltare una voce determinata. Ciò succede in particolari momenti, durante i quali siamo tutti stanchi, il più delle volte a fine giornata. Penso però che un’educatrice, che conosce la pedagogia, dovrebbe usare di più i suoi strumenti. Si chiama professionalità. Ora vi svelerò qual è stata la prima qualità che mia figlia, tornando a casa ieri dal primo giorno di scuola mi ha evidenziato, parlando delle nuove maestre. Quest’anno ne avrà due principali invece di una come gli scorsi due anni. Quelle di quest’anno sono due ragazze giovani, una per la mattina e una per il pomeriggio, dopo il menjador (in catalano: mensa). Mia figlia mi ha raccontato che le piace molto la maestra del pomeriggio perché, dice, parla con una voce calma e gentile. Poi parlando di quella della mattina mi ha riferito che a volte ha la voce tranquilla, ma altre volte ce l’ha agitata, questo rispetto ai bimbi che fanno disordine in classe e non le ubbidiscono. Poi mi ha voluto parlare della maestra di psicomotricità, sostenendo che è la maestra più dolce di tutte, ai suoi occhi è la più bella, perché, sostiene mia figlia, dice sempre “grazie” e “per favore” ( in catalano gràcies e si us plau). Ciò mi ha fatto riflettere. Mia figlia, considerato che era il primo giorno di scuola e perciò entusiasta, ha sottolineato la qualità della calma in tre maestre diverse. Ho notato anche un suo cambiamento, forse in merito a ciò. Prima tornava da scuola dopo otto ore stanca e nervosa, in questi due giorni di scuola invece la vedo più rassicurata. Certo, è anche più grande, conosce di più l’ambiente scolastico, capisce di più il catalano e lo spagnolo, addirittura li comincia a parlare, però mi chiedo se sia più tranquilla anche per via di queste nuove maestre che le infondono più calma. I bambini sono sensibili, per questo ritengo che sia necessario parlargli non come a dei piccoli adulti, ma a dei bimbini che hanno una loro sensibilità. Sensibilità che poi si esprime, come abbiamo visto anche durante l’ultimo saluto alla maestra che se ne va, magari piangendo. Quando mia figlia quel giorno mi chiese, mamma perché alcuni piangono? Mi sentii di risponderle, perché se ne va la maestra. Lei aggiunse, mamma anche a me dispiace, ma non voglio piangere. Tale madre, tale figlia. Non solo la pensavamo allo stesso modo, ma abbiamo reagito allo stesso modo a qualcosa che mutava, che prima c’era e che ora sappiamo che tra poco non ci sarà più. Ciò che desidero trasmettere ai miei figli è che il cambiamento è vita. Mi sono confrontata con altre mamme. Partendo dal fatto che ognuno reagisce ai cambiamenti come meglio crede e reputa opportuno, secondo me è bene insegnare ai nostri figli che il cambiamento va affrontato con consapevolezza, ma pure con leggerezza d’animo, ridimensionandolo, e non come una tragedia. Questo vuol dire pure insegnare che il problema ora presente si può affrontare e superare. A mia figlia è dispiaciuto sapere che la maestra se ne sarebbe andata. A casa abbiamo affrontato il problema, ne abbiamo parlato, abbiamo tirato fuori i sentimenti, ma dopo l’estate abbiamo archiviato il caso, come passato. Ora dobbiamo proiettarci al meglio nel presente e nel futuro che verrà. Per affrontare la fase di passaggio e per non cadere nella malinconia, secondo me deleteria per i bambini, ho cercato di stimolare la curiosità di mia figlia. Come sarà la nuova maestra? Come ce li avrà i capelli? Quale il nome? Far crescere i nostri figli significa pure mostrargli che la vita va avanti, che ognuno di noi deve seguire la sua strada. Questo non vuol dire essere egoisti, ma avere amor proprio. Questo tema dell’amor proprio diverso dall’egoismo mi sta molto a cuore e ci ritornerò in seguito. I cambiamenti, a parte quelli tragici perché irrimediabili, vanno affrontati con accettazione, con serenità e con curiosità.

Come recita la preghiera della serenità: Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza. |

Voi che ne pensate? Come affrontate il cambiamento e come lo presentate ai vostri figli? Mi piacerebbe se lasciaste un commento e vi iscriveste al blog

Quello che mi piace molto di questo blog è che, pur essendo dedicato alle mamme che vivono all’estero (ma io l’ho consgliato anche a molti papà 🙂 ), suggerisce riflessioni su argomenti trasversali, che interessano tutti. Questo del modo di affrontare il cambiamento lo è, per esempio. Mi piace lo stiile educativo nei confronti della mutevolezza della vita e delle sue condizioni. Ai bambini fa molto bene imparare questa elasticità. Non è facile, né insegnarla né impararla, ma è uno sforzo che vale la pena di fare. Mi viene in mente che spesso, nella mia vita, ho affrontato dei cambiamenti con paura ma poi mi sapevo adattare alle novità che, spesso, schiudevano nuovi orizzonti, belli e inaspettati. Da insegnante, quando i miei alunni si dispiacciono di non avermi per l’anno successivo, cerco sempre di infondere la fiducia che, per quanto si siano trovati bene con me (e io con loro), il cambiamento è bene e li farà crescere.
Brava mamma all’estero, dove tutto è per definizione cambiamento!
Ciao Natalia, grazie per il tuo commento, un caro punto di vista da persona e da insegnante.