AFA e cena di fratellanza
Il 25 ottobre si è svolta la cena di inizio anno scolastico organizzata dall’AFA. Per chi non abitasse a Barcellona e dintorni l’AFA è l’associazione delle famiglie che organizza le attività extrascolari nella scuola, dai corsi alle feste. Non solo, è un organo di apporto e di consiglio che svolge il ruolo da una parte di controllo e dall’altra parte di organizzatore, per promuovere delle migliorie e per creare vita sociale. Ciascuna scuola ha il suo gruppo AFA, con presidente, vice presidente e collaboratori. L’anno scorso c’è stata la campagna per votare i nuovi candidati e dall’anno scorso appunto abbiamo una nuova presidente. Tra qualche giorno ci sarà la prima riunione informativa con i vari “ordine del giorno”. Insomma in questo modo i genitori partecipano democraticamente e attivamente alla vita organizzativa extrascolare. A inizio anno si ha la possibilità di pagare una quota di 40 euro per sovvenzionare le attività che l’AFA proporrà durante tutto l’anno.

Ieri sera è toccata alla “cena di fratellanza” in catalano sopar de germanor. Ogni scuola decide le sue feste. La scuola pubblica dove va mia figlia organizza due cene, una all’inizio e un’altra alla fine dell’anno. Quella di ieri si è svolta nel grande patio della scuola, che a partire dalle ore 20 ha ospitato varie famiglie originarie da varie parti del mondo. Mi piace molto come evento, perché ognuno porta un piatto originario della sua terra. Tanti tavoli sono messi uno accanto all’altro formando una specie di grande U. Ieri per la prima volta l’AFA aveva messo a disposizione delle bandierine con stuzzicadente da collocare ognuna sopra la propria pietanza per constatarne l’origine. C’erano cibarie da quasi tutto il mondo. La scuola di mia figlia è multietnica e questo per me è una grande risorsa, un forte antidoto al razzismo e uno specchio loquace sulla società dove viviamo, la città di Barcellona. Vi elenco le nazionalità che convivono in classe di mia figlia, ci sono bambini argentini, dell’Ecuador, della Bolivia, del Perù, della Francia, del Marocco, degli USA, dell’Inghilterra, della Palestina, della Siria, inoltre quattro bambini catalani e infine due italiani, tra i quali mia figlia.

Ieri ho assaggiato vari cibi anche di genitori di ulteriori nazionalità come del Pakistan, dell’Algeria, del Brasile, del Messico, dalla Colombia, dal Cile. La caratteristica di queste scuole pubbliche è che ospitano persone da tutto il mondo, non solo catalani o spagnoli. La lingua che accomuna tutti a livello istituzionale è il catalano, ma poi fuori dalla scuola di solito la lingua veicolare tra gli stranieri è il castigliano, o meglio lo spagnolo.
Per quanto mi riguarda volevo far assaggiare qualche piatto tipico italiano, ma avendo a casa il forno rotto, ho deciso di buttarmi su qualcosa facile da eleborarsi, così ho scelto i supplì romani. Sono stata molto contenta perché hanno riscosso un grande successo, sono finiti tutti! Quando i genitori venivano a chiedermi di provarne uno, mi facevano delle domande per capire come fossero fatti. Per arricchirne l’informazione gli raccontavo pure che i supplì sono tipici di Roma più che dell’Italia in generale, e che si usa mangiarli prima della pizza. La maggior parte dei genitori ne rimanevano sorpresi ed esclamavano: come prima della pizza? Ma poi dopo riuscite a finirvela tutta? Ora, noi romani sappiamo che non solo ci finiamo la pizza che arriva dopo i supplì o qualche altro fritto come le olive ascolane o i fiori di zucca, ma che ci prendiamo pure il dolce, come per esempio la panna cotta o la crema catalana, tutto torna.

Mentre noi genitori presentavamo i piatti nazionali sui tavoli e gli altri venivano ad assaggiarli, i bambini giocavano nel grande patio della scuola sotto un cielo stellato. Il clima era mite per essere notte. C’era chi aveva portato la bicicletta, chi il monopattino come i miei figli, altri il pallone. Inoltre c’èra una vera e propria partita di calcio in corso, (stiamo nella città dove gioca il Barça, e come noi italiani anche i catalani sono patiti del pallone.) Alla fine della serata, dopo varie chiacchierate multietniche i bambini più grandi, quelli dell’ultimo anno organizzavano pure una riffa per alzare i soldi per il campo scuola di fine corso (la colonia).

Dopo aver parlato in italiano, in inglese, in spagnolo e in catalano mio marito, i miei figli e io abbiamo salutato e siamo tornati a casa. La scuola è nel nostro quartiere, perciò ci siamo mossi a piedi con i bambini sul monopattino. È stata una bella serata, un esempio di convivenza civile tra nazionalità differenti. C’èra rispetto e voglia di confrontarsi, tutto condito dall’allegria di passare una piacevole serata tutti insieme. Tante bandiere diverse sotto lo stesso cielo dell’emigrazione. Barcellona è accogliente. Secondo me tante persone dall’Italia dovrebbero trasferirsi per un po’ all’estero, osservare bene e interiorizzare le differenze positive che si vivono, per poi tornare in patria con la voglia di cambiare, di migliorare, di diffondere un sentimento di solidarietà e di sentire umano. Non siamo tutti ospiti di questa casa chiamata Terra? Ognuno con le proprie tradizioni, ma tutti uguali davanti al diritto di esistere.

Voi che ne pensate? Nella vostra città, italiana o straniera che sia si organizzano eventi per radunare le famiglie di diverse nazioni? Ci sono varie culture che convivono pacificamente? Fatemi sapere lasciando un commento qui sotto.
Cara Chiara, grazie per questa splendida testimonianza di civiltà! Dovremmo tutti, ogni tanto, partite e ricordarci (o scoprire) che il mondo non è costituito esclusivamente da nostro piccolo orizzonte, ma esistono tanti altri modi di “essere uomini e donne”, tutti diversi e tutti uguali! Riscopriamo la fratellanza e la sorellanza! 🌈
Ciao, grazie per queste tue parole, sono contenta che tu condivida questo sentimento di solidarietà. Come in letteratura il viaggio, l’arricchimento, il contronto e il ritorno sono importanti per crescere come persone, ma anche per apportare modifiche positive, come Ulisse e l’Odissea ci insegna!