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Incontri tra mamme a Barcellona: nuove amicizie multiculturali

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Quando si vive all’estero è affascinante rendersi conto di quante persone internazionali di solito si possano incontrare. Mi accorgo di quante nuove amicizie dalle diverse nazionalità colorino il ventaglio delle mie nuove conoscenze. Inoltre da quando mia figlia due anni fa ha iniziato a frequentare la scuola pubblica catalana, questo miscuglio di culture differenti si è consolidato ancora di più nella mia vita di tutti i giorni. Qualche mese fa una ragazza romana che conosco, incuriosita dal mio blog di mamma all’estero, mi ha chiesto se potessi scrivere un articolo, per spiegare quali fossero le mie nuove amicizie a Barcellona, all’estero. Di quale nazionalità sono le persone che frequento? Prima di rispondere vorrei fare una premessa. Quando vivevo a Roma, i primi anni della mia esistenza li ho vissuti nel cosiddetto “quartiere africano”. Nello specifico vivevo vicino Viale Somalia. Mia mamma come me scelse di fare la mamma a tempo pieno, perciò durante la mattinata, che aveva libera e a nostra disposizione, portava me e mio fratello (il terzo figlio sarebbe poi nato in un altro quartiere dove ci saremmo trasferiti nel 1984, via della Pisana) in una villa di Roma molto grande e verdeggiante, Villa Ada. Oltre a questa andavamo anche a Villa Glori, al Parco Virgiliano in via Nemorense e a Villa Ghigi. Insomma a mia madre piaceva immergerci nella natura.

Così facendo, quasi tutti i giorni, alla fine si fece delle nuove amicizie. Le prime persone che conobbe in questi parchi romani furono una donna araba e un’altra russa. Con loro nel corso della storia ci frequentammo assiduamente, divenendo col tempo delle care amicizie. Mi ricordo da bambina la sensazione che provavo quando osservavo queste mamme bilingue che parlavano ai loro figli davanti a me in una lingua per me incomprensibile. Mi ricordo che ciò mi affascinava. Mi sembrava come se stessero parlando tra loro una lingua segreta. Col tempo capii meglio di cosa si trattava, erano donne che vivevano in Italia, ma provenivano da altre culture. Più in là mia madre conobbe anche una signora belga, della quale frequentammo anche la famiglia per un po’. Credo che questa apertura di mia mamma alle conoscenze in Italia di donne internazionali abbia fatto sì che poi io accettassi ben volentieri le mie nuove amicizie straniere a Barcellona.

Parlando più in concreto, appena arrivata in Catalogna frequentavo molto una mia cara amica di Roma, che erano già anni che si era trasferita. All’inizio lei mi presentò varie persone italiane, poi spagnole. Più in là, con il corso preparto conobbi una ragazza napoletana, con la quale ancora mi frequento con piacere. Poi conobbi una coppia di catalani, che ancora incontro. Dopo vennero le conoscenze fatte nei parchi e anche lì per lo più catalani. Poi ebbi il piacere di conocere una coppia di italiani, con i quali ancora ci frequentiamo, lei di Forlì e lui calabrese, che ora hanno due bellissime gemelle. Con il tempo conobbi anche un’altra famiglia veneta con un bimbo. Insomma ci sono molti italiani nella mia cerchia barcellonese, ma questo è un tesoro indispensabile. Quando si vive all’estero quasi tutti i giorni si parla una lingua straniera o due, come in Catalogna, di conseguenza si ha il piacere ogni tanto di voler parlare solo in italiano. Ritrovarsi a ricordare i sapori nostrani, le vecchie abitudini italiane, le situazioni tricolori lasciate alle spalle. Che poi non sono proprio lasciate alle spalle del tutto, perché sia io con la mia famiglia, che i miei amici italiani, quando possiamo torniamo in Italia a trovare le famiglie d’origine e gli amici di una vita, ritroviamo così le nostre radici, e riassaporiamo i piatti dell’infanzia. Detto questo, paradossalmente nella quotidianità sono di più le persone straniere che quelle italiane che frequento. Quando vado a prendere a scuola mia figlia ho modo di fare due chiacchiere con mamme di diverse nazionalità. Mi viene spontaneo, anche per il tipo di educazione ricevuta, salutare tutti sorridendo. Sono fatta così, sono spontanea e seguo la positività, la linea all’apertura. Così facendo le persone si rilassano e mi risalutano, alla fine riusciamo a farci pure due chiacchiere e a conoscerci di più. In questo modo ho potuto conoscere una mamma catalana, con la quale pratico la principale lingua autoctona, il catalano appunto, che continuo a studiare. Poi parlo spagnolo con un’altra mamma argentina, poi ne incontro un’altra inglese e ci diciamo due cose mischiando tra il catalano, lo spagnolo e l’inglese, poi scambio due battute con un’altra mamma francese, che ha il marito americano, ecco che poi arriva la mamma marocchina, vedo già da lontano avvicinarsi pure la mamma che proviene della Siria, poi una mamma russa che ha il marito palestinese. Tanti bimbi della classe di mia figlia hanno provenienze sudamericane, sono peruviani, boliviani, equadoregni, uruguaiani.

Insomma che dire, frequentare famiglie dalle origine diverse per me rimane una grande opportunità per conoscere mentalità diverse. Mi piace vivere a Barcellona per questa multiculturalità, la percepisco come un arricchimento intellettuale. Ho la sensazione che la società catalana (come laureata in sociologia questo per me è un intorno fervido) sia tolletante e accogliente. Certo, ci si impone in modo gentile ed educato l’uso del catalano, specie nelle istituzioni e durante gli eventi pubblici, oltre che in determinate mansioni, ma è un invito all’acquisizione della lingua del posto, uno scambio tra culture insomma. Non dobbiamo noi imparare l’inglese se andiamo in Inghilterra o il francese in Francia o l’italiano in Italia? Barcellona è senza dubbio una città cosmopolita, dove diverse culture convivono in pace (almeno questo fino a oggi). In Italia anche ci sono varie persone provenienti da altri paese del mondo e il mio appello è questo, abbiatene cura, inglobatele nella società, perché la diversità culturale è una grande risorsa intellettuale. I nostri figli si sentiranno più incuriositi nel sapere che esistono bimbi amici loro che sono di altre culture, che parlano altre lingue. Non sarà forse questa la società del futuro? Non parleremo forse tutti una o più lingue?

Viva la multiculturalità, viva la ricchezza intellettuale che ne deriva dalla conoscenza della diversità.

Voi che ne pensate? Dove vivete avete modo di farvi amicizie di altre nazioni? Come vivete la multiculturalità? Lasciate un commento qua sotto

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Chiara Elia

Nasco a Roma il 18 gennaio 1980. Ho due bambini piccoli, una femmina e un maschio. Sono laureata in Sociologia indirizzo di Comunicazione e Mass Media (tesi di laurea in Sociologia della Famiglia). Ho pubblicato tre libri di poesie, due di favole e un romanzo. Vivo a Barcellona dal 2013. Parlo italiano, inglese, spagnolo e catalano. Ho studiato danza flamenca per più di dieci anni.

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